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Atletica leggera

Autore: prof. Danilo Ramirez

L’atletica leggera è considerata lo sport base o meglio la base di tutti gli sport. Detta anche la regina delle discipline soprattutto nel periodo delle Olimpiadi quando le viene dedicata tutta la settimana conclusiva delle competizioni.
I motivi dell’alta considerazione di questo sport sono molteplici:  è uno dei più antichi e anche uno dei più semplici ed immediati. Da quando l’uomo esiste ha dovuto correre, saltare, lanciare per difendersi e per procurarsi il cibo. I gesti dell’atletica sono i più naturali e vengono eseguiti con l’impiego delle semplici capacità motorie di base. Tutti possiamo correre, è il movimento più semplice ed il confronto più immediato. La competizione è di facile comprensione, chi arriva davanti agli altri ha vinto, non è necessario interpretare un regolamento o avere un arbitro che decide, in qualsiasi parte del mondo una corsa è e sarà sempre una corsa.
Ma l’atletica è importante anche come attività base per tutti gli altri sport: nelle discipline di squadra ad esempio è fondamentale la cosiddetta preparazione atletica ed ecco quindi che gli altri sport guardano all’atletica dalla quale mutuano metodiche di allenamento per migliorare le qualità dei loro giocatori.
A fronte della sua apparente semplicità di esecuzione, dietro ai gesti dell’atletica si celano profondi studi tecnico scientifici per evidenziare quali sono le tecniche migliori al fine di ottenere le prestazioni più elevate.
Tutti corrono nello stesso modo, si può pensare, in realtà non è così: un atleta di 1,85 per 78 chili è diverso morfologicamente da uno alto 1,75 e pesante 70 chili eppure entrambi possono trovarsi nella finale olimpica dei 100 metri e non è detto, in base alle caratteristiche fisiche, quale dei due sia avvantaggiato. Come vedremo esistono delle discipline nelle quali sono favoriti atleti con una ben specifica costituzione ma in generale l’atletica è così varia che …..c’è una disciplina per tutti.
Corsa, salto, lancio, con queste tre parole possiamo raggruppare le discipline dell’atletica ma anche corse e concorsi laddove con quest’ultimo termine intendiamo i salti e i lanci.
Nella corsa dobbiamo fare 3 distinzioni: corsa veloce, corsa resistente e corsa con ostacoli.
Corse di velocità.
Intendiamo 100, 200, 400 metri. Se nei cento metri la prova comporta un utilizzo della velocità pura, dai duecento in su subentrano meccanismi lattacidi ma siamo sempre nel lavoro anaerobico. La corsa di velocità richiede una composizione genetica del muscolo a prevalente percentuale di fibre bianche, le cosiddette fibre veloci. E’ la disciplina più istintiva: le doti di velocità sono immediatamente rilevabili, basta un semplice test, dopodiché tuttavia è necessario un intenso allenamento per affinarle. Sono ammesse tutte le complessioni fisiche perché ciò che conta è la frequenza di esecuzione della falcata di corsa; fino a pochi anni fa sembrava che un velocista oltre 1,90 non fosse poi così avvantaggiato ma gli straordinari risultati di Usain Bolt hanno azzerato le indicazioni sul tipo ideale del velocista.
Corse di resistenza
Man mano che la distanza si allunga subentrano i meccanismi aerobici e qui sono avvantaggiati atleti leggeri, che devono quindi spostare una massa ridotta, e il cui metabolismo utilizza al meglio le riserve energetiche e l’ossigeno della respirazione.
800, 1500, 3000, 5000, 10.000 per restare alle discipline su pista, aggiungiamo la gara classica delle olimpiadi, la maratona: ben 42 km e 195 metri.
Corse ad ostacoli
Si va dalla velocità, 110 hs per gli uomini e 100 ostacoli per le donne, ai 400 ostacoli fino ai 3000 siepi. Queste discipline sono particolari, molto tecniche. Sulla velocità l’ostacolista è sciolto/a nelle anche ed ha una ritmica di esecuzione molto rapida tra un ostacolo e l’altro. Le altezze degli ostacoli variano a seconda delle categorie così anche la distanza tra un ostacolo e l’altro. A livello assoluto i maschi hanno 10 ostacoli alti 1,06 posti a 9,14 uno dall’altro, a parte la distanza iniziale dai blocchi e quella finale al traguardo. La distanza di 9,14 ci deriva dal sistema anglosassone, sono dieci yarde. E’ una gara difficile, l’atleta deve essere almeno alto 1,80 e….non deve avere paura di nulla. L’ostacolista non salta gli ostacoli, li passa, ci si butta letteralmente dentro passando il più possibile basso perché meno sta per aria e meno tempo perde. Possiamo dire che l’ostacolista corre per tutti i 110 metri e la sua corsa è solo leggermente modificata quando trova un ostacolo. Per le donne la gara appare relativamente più semplice perché l’altezza di 84 cm rende agevole il passaggio senza dover attaccare in alto come fanno gli uomini. La distanza tra un ostacolo e l’altro per le donne è 8,50.  Anche i 400 ostacoli hanno 10 ostacoli ma questa volta la distanza è uguale tra maschi e femmine: 35 metri. Cambia naturalmente l’altezza, 91 per gli uomini e 76 per le donne. Questa gara è molto intensa, tutta giocata sul numero di passi tra un ostacolo e l’altro. Uno dei più grandi quattrocentisti ad ostacoli di tutti i tempi, l’americano Edwin Moses, imbattuto a livello mondiale per circa 9 anni negli anni 80, era l’unico ad eseguire tutti i dieci ostacoli con 13 passi, questo lo avvantaggiava enormemente quando i suoi avversari dovevano aggiungere un passo se si pensa che ogni passo in più comporta circa un paio di decimi di secondo. Anche per questo motivo era difficile batterlo.
Infine eccoci ai 3000 siepi. Gara di resistenza resa più difficile dalla presenza delle barriere e della riviera con acqua. Gara particolare che richiede capacità aerobica ma anche forza muscolare nel sostenere salti e atterraggi per tutto il percorso.
I salti
I salti sono quattro: lungo, alto, triplo e salto con l’asta. La caratteristica dei salti è quella di consentire il raggiungimento di una misura dopo una fase di volo dell’atleta. I primi due appaiono i più semplici ma alla riprova dei fatti non lo sono. Se correre e saltare superando un ostacolo (un fosso, un muro) è gesto naturale, la sua esecuzione atletica comporta una serie di coordinazioni motorie complesse da eseguire in una frazione infinitesima di tempo. Tanto per fare un esempio lo stacco del salto in lungo dura circa un decimo di secondo e in quel momento la catena cinetica della gamba di stacco dell’atleta sopporta oltre 300 chili di forza per proiettare il corpo del saltatore a una distanza considerevole, oltre i 7 o 8 metri. Il carico sulla gamba di stacco è ancora più elevato nel salto in alto dove la spinta avviene tutta in direzione verticale per portare il corpo a valicare l’asticella.  Ecco quindi che l’esecuzione del gesto, ad elevata velocità, deve essere molto corretta e sottostare a precise leggi fisiche. Se per quanto riguarda il salto in lungo possiamo affermare che la tecnica di salto è rimasta invariata nel corso dei decenni, il salto in alto ha avuto invece una evoluzione nel valicamento dell’asticella. Il momento di cambiamento totale è stato nel 1968 quando il giovane studente americano Dick Fosbury ha l’idea di valicare l’asticella con il dorso. Fino a quel momento il salto avveniva col valicamento ventrale anche perché il saltatore cadeva su un mucchio di sabbia e doveva in qualche modo attutire la caduta con mani e piedi. L’utilizzo di basi di atterraggio con sacchi di gomma consentì al saltatore di lasciarsi andare dopo avere superato l’asticella e si verificò subito che il nuovo salto era estremamente più redditizio oltreché più semplice da apprendere. Nel giro di pochi anni la nuova tecnica venne adottata da tutti i saltatori e divenne l’unica utilizzata nella specialità.
Il salto triplo è un multi balzo: alla pedana il saltatore stacca con un piede e atterra al primo balzo (hop) con lo stesso piede. Il balzo eseguito sulla stessa gamba si chiama successivo. Dopodiché esegue due balzi alternati cioè cambia gamba (step) e con l’ultimo balzo (jump) chiude nella sabbia. E’ un salto che richiede notevole forza elastica e buona tecnica di esecuzione.
Il salto con l’asta è il più complesso perché oltre alle doti di saltatore l’atleta deve avere anche ottime competenze acrobatiche. Fondamentale è l’attrezzo che è tarato sulla forza del saltatore. Esistono molti tipi di asta, l’atleta sceglie quello più adatto alle sue caratteristiche tecnico-fisiche. L’astista è atleta coraggioso e forte anche nella parte superiore del tronco. Al momento dell’imbucata le braccia del saltatore tengono l’asta in modo che essa si piega per proiettare l’atleta in alto: è un impatto violentissimo per le spalle se si pensa che ci si arriva alla massima velocità. Più l’atleta è forte, più potrà usare un’asta che lo possa spingere ad altezze maggiori, la disciplina richiede molta capacità tecnica e il miglioramento avviene sotto due aspetti che si integrano: l’apprendimento del gesto e l’incremento delle capacità motorie.
Ancora due parole sulla costituzione fisica del saltatore. Il saltatore è generalmente longilineo, leggero, con un rapporto altezza/peso sbilanciato a favore dell’altezza. Ad esempio nel salto in alto è difficile trovare (parliamo di livello internazionale) saltatori sotto 1,90. Ci sono le eccezioni, possiamo ricordare lo svedese Stefan Holm alto appena 1,81 ma capace di saltare 2,40 e di vincere Olimpiadi e mondiali ma , come abbiamo detto, si tratta di eccezioni perché più il differenziale è elevato tra l’altezza da valicare e quella del saltatore, più cresce la forza da applicare per superarlo e arriva a limiti di criticità strutturale, cioè di sopportazione dell’apparato locomotore. Naturalmente anche in questo caso l’allenamento è fondamentale, consigliamo di vedere su youtube alcuni allenamenti proprio di Holm per valutare le sue straordinarie doti di forza esplosivo-balistica.
I lanci
Anche i lanci sono quattro. Peso, disco, giavellotto e martello. Nessun lancio è semplice ma anche in questo caso possiamo dire che peso e giavellotto appaiono di esecuzione più immediata perché lineare mentre disco e martello richiedono un gesto rotatorio più difficile da apprendere.
Il giavellotto richiama l’antico gesto dei guerrieri o dei cacciatori che gettano la lancia. La caratteristica del giavellottista è quella di avere una spalla molto sciolta, e di potere quindi “anticipare” la posizione del corpo mentre il braccio è ancora aperto, dietro al punto di appoggio del piede perno. Diciamo che in tutti e 4 i lanci è fondamentale la spinta delle gambe che iniziano la fase di lancio e mettono il treno superiore del corpo nella situazione ottimale per sfruttare al meglio l’inerzia balistica. I lanci, come i salti, seguono le leggi della fisica, non si scappa. L’attrezzo eseguirà la sua parabola solo ed esclusivamente in base alla spinta che ha ricevuto al momento dell’uscita dalle mani dell’atleta. Per arrivare a questo risultato si devono eseguire migliaia di lanci oltre naturalmente a migliorare le qualità di forza, assoluta ed esplosiva, del lanciatore.  La costituzione fisica del lanciatore è generalmente poderosa. Sono gli atleti più grandi e pesanti, spesso ben oltre i 100 chili. Uno dei più grandi lanciatori di tutti i tempi, lo svizzero Werner Gunthor, era alto 2 metri e pesava 130 chili, un vero gigante, agilissimo però come testimoniano gli interessanti filmati, oggi consultabili sul web, che egli realizzò durante le fasi dei suoi allenamenti presso il centro svizzero federale di Macolin.
La pista
L’atletica si fa in pista, la struttura fondamentale è l’anello lungo 400 metri. Diciamo subito che la lunghezza di 400 metri è eredità dell’origine anglosassone dell’atletica  così come spiegato nel capitolo dedicato alla storia dello sport.  Gli inglesi consideravano il miglio (1609 metri) una distanza molto importante, cosicché si vide che il quarto di miglio poteva essere uno spazio  ideale per costruire un anello sul quale poi suddividere le gare. Il quarto di miglio divenne poi 400 metri perché le distanze atletiche dovettero adattarsi al sistema metrico decimale anche se nei paesi anglosassoni ancora oggi le misure vengono rilevate prima col loro sistema e poi adattate.  L’anello di 400 metri può tra l’altro contenere un campo di calcio e questo consente a molte località di unire le due discipline in un'unica struttura. Le distanze sono ben distribuite tra i due rettilinei e le due curve, circa 100 metri per ognuno. Le corsie possono essere sei o otto, quest’ultimo numero è fondamentale per le competizioni internazionali. Ma naturalmente l’anello basta per le corse mentre devono essere presenti anche le pedane per tutti i salti e i lanci con le relative strutture per l’esecuzione di queste discipline. Disco e martello richiedono un cerchio in cemento intorno al quale deve essere posizionata una alta gabbia nella quale possa fermarsi l’attrezzo in caso di lancio sbagliato. E’ una norma di sicurezza molto importante, nonostante le attenzioni è purtroppo capitato più volte che un attrezzo lanciato malamente abbia colpito qualche persona nel campo a volte con gravissimi esiti. I sistemi di sicurezza si sono evoluti nel corso degli anni: una gara di atletica è una manifestazione ultrasicura ma durante essa avvengono sempre almeno 4 competizioni contemporaneamente per cui ci sono molti atleti in campo, in varie parti del campo, e bisogna garantire la sicurezza di tutti. Un caso davvero clamoroso fu quando durante il meeting della Golden League a Roma (luglio 2007) il giavellotto lanciato dal finlandese Pitkamaki attraversò tutto il campo e si conficcò nella schiena del saltatore in lungo francese Salim Sdiri. Il lunghista fu molto fortunato, dopo oltre 80 metri il giavellotto avrebbe potuto ucciderlo ma invece non lese alcun organo vitale, anche se bisogna ammetterlo, la sua carriera sportiva ne fu molto danneggiata.
Per garantire la sicurezza ci sono giudici, addetti al campo e soprattutto viene stilato un programma in base alla distribuzione sul campo degli eventi. La disposizione delle pedane dei salti non è fissa, i campi le hanno in punti diversi a seconda di come sono stati progettati. Affinché la pista sia omologabile devono essere rispettate le dimensioni indicate dalla federazione internazionale, apposite commissioni controllano che questo sia messo in atto. Quando vi recate su una pista di atletica potete notare molte targhette poste a terra, sul cordolo (la striscia di metallo che corre internamente tra la prima corsia e il terreno intorno, e anche sui muretti esterni. La pista presenza molte righe, ogni riga ha un suo significato, per la posizione degli ostacoli, per i cambi delle staffette, è importante conoscerne il significato e magari fare un giro con il proprio insegnante imparando a cosa corrispondono i colori e i segni.
Il regolamento
Ogni disciplina atletica ha un suo regolamento specifico, i giudici di gara sono le persone addette all’applicazione di questi regolamenti. Nelle gare di corsa sono coadiuvati dai cronometristi per la rilevazione dei tempi. Nei concorsi invece devono riportare le misure ottenute dagli atleti e poi stilare le classifiche. L’atletica è uno sport di facile comprensione: chi arriva davanti vince, così come chi salta più lungo o più alto e chi lancia più lungo ma il compito dei giudici non è poi così facile. L’annullamento di una prestazione può causare discussioni e proteste, non sempre appare così evidente. Prendiamo ad esempio il nullo del salto in lungo: al termine dell’asse è posizionata una assicella con della plastilina, se l’atleta lascia un segno sulla plastilina il salto è nullo altrimenti è buono. Regola elementare ma non così agevole da applicare. A volte l’atleta sfiora appena, non c’è sicurezza del segno e si può anche contestare che quel qualcosa che si vede non sia poi davvero il segno di un nullo. In ogni caso vale l’interpretazione dei giudici che sono responsabili della competizione. In alcuni casi si è ricorso anche alla ripresa televisiva ma questa non è una prassi ammessa: la punta della scarpa può effettivamente sovrapporsi anche di un centimetro alla plastilina e non lasciare il segno. In anni passati valeva anche l’interpretazione visiva del giudice il quale poteva assegnare il nullo a suo insindacabile giudizio ma questo provocava troppe discussioni per cui si è deciso che per dichiarare un salto nullo il segno ci deve essere. L’atleta deve essere avvisato del nullo e deve poterne controllare l’entità. Non può invece stazionare in prossimità della pedana durante la misurazione, deve stare a debita distanza e ascoltare la comunicazione della misura ottenuta. Per quanto riguarda i salti con asticella il salto è valido se l’asticella non cade (sembra ovvio) ma quando l’asticella balla per un lungo tempo il giudice non deve attendere che essa cada o si fermi, ad un certo punto il giudice alza la bandiera bianca segno che a suo giudizio l’atleta ha valicato correttamente la misura, se l’asticella cadesse dopo l’approvazione del giudice il salto comunque rimarrebbe valido. Nei salti in altezza l’atleta ha tre prove per ogni altezza. Quando valica la misura ha nuovamente tre prove, si sono verificate gare in cui l’atleta vincente ha valicato la misura più volte alla terza prova eseguendo quindi molte prove durante la gara.
Per quanto riguarda le corse infine il regolamento della falsa partenza è cambiato negli ultimi anni provocando un certo malumore tra gli addetti ai lavori. Fino al 2005 i velocisti potevano fare una falsa partenza e restavano in gara, venivano squalificati dopo la seconda falsa partenza. Questo per ognuno di loro per cui paradossalmente in una gara a sei corsie ogni atleta poteva fare una falsa e dopo sei partenze false essere ancora tutti in gara. Allo scopo di eliminare i tempi morti è stata tolta ogni possibilità di falsa, oggi chi commette falsa viene eliminato. Bisogna anche tenere conto di un fatto importante. Nelle gare internazionali, quelle che si vedono in televisione, i blocchi hanno dei sensori che segnalano la falsa rendendo più facile il lavoro dei giudici. Nelle gare regionali e locali è lo stesso starter, coadiuvato da un altro giudice, ad indicare con un secondo sparo l’individuazione di una partenza falsa, chiaramente questa ultima situazione è meno facile per i giudici.
I record
L’atletica leggera è la stessa in tutto il mondo, di qui la sua grande popolarità e capacità di diffusione; ogni gara comporta una misura di tempo o di distanza per cui è possibile avere classifiche aggiornate con le prestazioni di tutti gli atleti, di tutte le epoche, di tutto il mondo. Tra tutte queste prestazioni la migliore costituisce il record del mondo cioè esiste un atleta che in quella gara ha stabilito una misura che nessun altro ha mai ottenuto. Per la sua stessa definizione il record del mondo è una prestazione unica difficilmente raggiungibile e non facilmente migliorabile, infatti un record mondiale nell’atletica leggera si verifica raramente, guardiamo ad esempio la storia del salto in lungo: dal 1936 ad oggi, in quasi ottanta anni solo sei saltatori hanno detenuto il record del mondo, quello di Jesse Owens (8,13 nel 1935) durò per ben 25 anni e lo stratosferico 8,90 di Bob Beamon (Città del Messico 1968) ne durò 23.
Alla realizzazione di un record mondiale concorrono una serie di fattori che si possono verificare solo in determinate condizioni. Tutto deve essere perfetto quel giorno: Le condizioni climatiche, lo stato di forma dell’atleta, l’ambiente nel senso che la gara deve avere la tensione giusta, spesso in forma di competizione internazionale, l’orario della prova, i giudici, la pista. Un record del mondo non è programmabile: l’atleta si allena per arrivare in forma in quel periodo ma la sua prestazione dipende da situazioni che non può controllare totalmente ed infine molto dipende anche dalla sua predisposizione mentale. I grandi atleti hanno una elevata capacità di concentrazione e sono capaci di convogliare tutte le loro forze al momento giusto, sanno anche quando è questo momento giusto. A volte il record arriva casualmente perché, pur non avendole cercate, le condizioni ottimali coincidono improvvisamente e l’atleta può dare il massimo. Abbiamo parlato di record mondiali ma ci sono anche i record nazionali e quelli di categoria. Un record ufficiale deve essere omologato cioè non basta trascrivere la misura sul foglio di gara. Nel momento in cui i giudici verificano che la prestazione potrà diventare un record devono espletare le formalità di rito, cioè procedere ad una misurazione ripetuta e soprattutto il giudice responsabile di tutta la manifestazione dovrà vidimare con un verbale l’avvenuto record, questo a tutela di tutti gli atleti non presenti.
Infine c’è il record personale: ogni atleta si allena e gareggia per migliorare se stesso. In fondo l’atletica è questo: una continua gara con se stessi per migliorarsi.
L’allenamento
L’allenamento dell’atletica leggera è intenso. L’obiettivo è far arrivare un atleta in età adulta, quindi con lo sviluppo assestato del suo organismo, al massimo del rendimento possibile. Nelle categorie giovanili è auspicabile una attività che consenta all’atleta di comprendere quali sono le sue possibilità senza esagerare con i carichi di lavoro. Due sono i motivi: il primo è per evitare traumi osteomuscolari ad un organismo ancora in crescita, il secondo consiste nel fatto che se il giovane già esegue ampi carichi di allenamento non avrà poi margini di aumento della quantità. L’atletica non è un gioco per cui l’allenamento non può essere considerato divertente anche se ci sono fasi durante le quali l’atleta in effetti si può anche divertire. Sono gli allenamenti tecnici, ad un saltatore piace saltare, ad un lanciatore piace lanciare ecco quindi che gli allenamenti in pedana sono molto graditi all’atleta. Ma un atleta deve migliorare tutte le qualità motorie per ottenere prestazioni migliori ecco allora che l’allenamento si compone di diverse parti tra cui ci possono essere momenti di corsa, di potenziamento generale e specifico, con moltissime esercitazioni. Il programma di un atleta è personale, quello che va bene per lui non va bene per un altro anche se si possono eseguire delle parti comuni in gruppo in modo da rendere l’allenamento meno monotono. Importante è anche la fase di confronto con gli altri: fare delle prove di velocità insieme ad altri, oppure dei salti o dei lanci, stimola i ragazzi e rende sicuramente il lavoro più redditizio oltre che meno noioso. Generalmente si può indicare che l’allenamento comporta una parte generale di costruzione e una parte tecnica sulla disciplina specifica, queste due parti non sono uguali durante la carriera dell’atleta. In un giovane la parte dedicata alla tecnica è preponderante: il giovane deve apprendere le difficili tecniche di esecuzione ecco quindi che è necessario tenerlo molto in pedana e a contatto con gli attrezzi. Man mano che l’atleta cresce egli deve migliorare le capacità motorie per migliorare la sua prestazione, la tecnica lascia spazio al lavoro di potenziamento generale. L’allenamento consente grande soddisfazione al giovane che ha scelto l’atletica come suo sport. Le prestazioni migliorano col passare degli anni grazie allo sviluppo psicomotorio dell’atleta ed anche alla crescita dell’esperienza di gara e di pista. L’atleta impara a muoversi e a sentirsi, anche il suo allenatore sa adattare meglio i programmi, nulla viene lasciato al caso, c’è una dedizione quasi scientifica nella ricerca di tutto ciò che può mettere l’atleta nelle condizioni migliori per eseguire il suo gesto. Diciamo infine che l’atletica, intervenendo sul fisico totale del giovane, consente una vera e propria modifica della costituzione generale. Dopo anni di allenamenti un atleta maschio o femmina si trova ad avere modificato il suo corpo come una macchina in grado di prestazioni elevatissime. L’esempio può essere quello delle automobili: siamo tutti delle utilitarie o delle berline, chi si allena con costanza e dedizione trasforma il suo corpo in una auto di formula uno. Naturalmente con bassissime percentuali di grasso, una muscolatura armoniosa, uno scheletro in equilibrio. L’allenamento in età giovanile è come un investimento sul proprio corpo, un investimento per tutto il resto della vita. Ma non deve e non può essere questo il motivo per cui un giovane si può avvicinare all’atletica, questa è una conseguenza. In realtà si va a fare atletica perché si sente come un richiamo, una spinta dentro di sé. Il giovane vuole misurarsi con se stesso, vuole vedere dove lo può portare il suo corpo. Se questo lo appassiona ecco, è nato un atleta. Nessuno lo può obbligare, la scelta arriva da lui e deve continuare ad essere alimentata dalla sua volontà. La scuola può essere molto importante in questa scelta nel fare capire al giovane che ha delle potenzialità poi lo può indirizzare verso la società locale e cercare di seguirlo almeno nell’avvio della carriera.
L’atletica leggera a scuola
Le diverse specialità sono piuttosto difficili da eseguire e apprendere, l’allenamento è molto intenso, allora viene da chiedersi quale tipo di atletica si possa effettivamente fare durante una lezione scolastica.
Un’atletica che è lontana parente di quella davvero svolta dagli atleti. Nessuna disciplina sportiva può essere praticata a scuola con un livello tecnico paragonabile a quello agonistico per una serie di semplici motivi. Intanto nelle società sportive il lavoro di tipo motorio è rivolto totalmente a quell’argomento specifico per cui è più facile far migliorare gli atleti presenti. Poi bisogna tenere conto dell’utenza a cui questo lavoro si rivolge: nella società un gruppo di giovani già selezionati con predisposizione verso quella attività mentre il gruppo classe è un gruppo estremamente eterogeneo come già abbiamo avuto modo di dire più volte. Ma l’obiettivo della scuola non è quello di creare atleti bensì, tra gli altri, quello di presentare agli allievi un ampio bagaglio di possibilità motorie per fare in modo che poi loro si indirizzino verso quella più adatta alle loro eventuali capacità. Quindi se la scuola ha la possibilità di utilizzare un campo di atletica ecco che sicuramente l’insegnante li porterà in pista e illustrerà, anche nei limiti delle sue conoscenze che possono non essere così specifiche, le diverse discipline di questo sport.
L’atletica non è facile. In televisione si vede un atleta saltare 8 metri in lungo ma quando poi si prova ci si accorge che si fatica a saltarne 4 cioè la metà. Non parliamo del salto in alto ancora più selettivo. Importante è non aspettarsi grandi prestazioni né restare delusi di fronte alla scarsezza del proprio risultato. Come abbiamo visto, l’allenamento può modificare in maniera totale il rendimento di un giovane che si avvicini all’atletica. Se durante le lezioni sul campo abbiamo provato interesse o piacere per una certa disciplina, se ci è venuta la curiosità di provarne qualcuna anche particolare allora non soffochiamo il nostro interesse. Se c’è la pista vuol dire che c’è una società sportiva, chiediamo al nostro insegnante e andiamo a provare con gli allenatori specialisti. Quasi tutti i grandi atleti della storia dell’atletica italiana hanno iniziato allo stesso modo: conoscendo il campo grazie al loro insegnante di educazione fisica che, dopo avere verificato la loro predisposizione, li ha indirizzati verso l’attività agonistica. L’atletica è uno sport che non richiede una pratica in età precoce. Presentarsi sul campo per la prima volta  a 14-15 anni, anche dopo, non preclude la possibilità di diventare ottimi atleti. E’ uno sport individuale e quindi lascia l’atleta solo con se stesso, crea una sorta di disciplina interiore e in questo aiuta a maturare, a crescere, insegna ad assumersi responsabilità. Tutti gli sport aiutano a crescere ed è quindi importante che nell’età dello sviluppo il giovane pratichi una attività motoria nella quale trovare soddisfazione, passione e salute per il suo giusto sviluppo psicofisico.

Scienze motorie