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CINEMA, RELIGIONE, SPORT

Autore: prof. Danilo Ramirez

 

LA COPPA  (Bhutan-GB-Australia, 1999) regia Khyentse Norbu, durata  90’.

La coppa è un film decisamente originale che mette in contatto due mondi apparentemente privi di qualsiasi possibilità di condividere un linguaggio comune: il buddismo e il gioco del calcio.
E lo fa ai più alti livelli di espressione per entrambe queste entità: da una parte un monastero buddista , dall’altra la coppa del mondo 1998.
La storia è semplice e molto delicata, una sorta di “neorealismo rosa” come lo definisce il dizionario del cinema Morandini.
Nel monastero buddista di Chokling (in Buthan) arrivano due ragazzi profughi dal Tibet e vengono avviati alla vita monastica.
Il periodo è esattamente quello durante il quale si svolgono i campionati mondiali di calcio edizione 1998 ed uno dei giovani apprendisti monaci, Orgyen, è talmente appassionato del gioco che durante la notte esce di nascosto dal monastero per andare a vedere le partite nei locali pubblici del vicino paese, coinvolgendo in queste sue “fughe” anche i due nuovi arrivati.
Quando i tre fuggiaschi vengono scoperti è prevista una punizione ma i ragazzi sorprendono i superiori con una proposta anomala: la richiesta di noleggiare un televisore per assistere alla finale Francia-Brasile direttamente nel convento.
La risposta è positiva; il reperimento del televisore e della relativa parabola è quanto mai avventuroso, così come la loro installazione fortuita, ma alla fine l’impianto funziona, proprio in tempo per vedere la partita alla quale assistono tutti i monaci compresi gli anziani.
Il film ha il pregio di scorrere lieve e piacevole presentando momenti intensi alternati ad altri di umorismo più o meno volontario.
Irresistibile appare la descrizione del gioco del calcio che il precettore dei giovani monaci espone all’anziano maestro, quando si reca a trovarlo per comunicargli la particolare richiesta dei suoi allievi.
Il dialogo è impostato sui motivi della particolare agitazione da parte dei giovani studenti, il maestro chiede come mai siano così irrequieti.
Precettore: “C’è la coppa del mondo”
Maestro: “E di che si tratta?”
Precettore: “I rappresentanti di due nazioni civili lottano per il possesso di una palla”
Maestro (lo guarda sorpreso): “Non stai scherzando? Dunque c’è della violenza”
Precettore:”Ecco…alle volte ce n’è”
Maestro: “E c’entrano i desideri della carne?”
Precettore (sorride): “No quelli non c’entrano affatto”
Il dialogo appare surreale perché è difficile pensare che esista qualcuno che non ha mai visto una partita di calcio, e proprio in questo consiste l’ironia e anche il valore di queste parole: non bisogna dare nulla per scontato e mettersi sempre nei panni di chi ha il diritto di non sapere. Noi non vediamo di certo il calcio in quel modo ma non possiamo negare che la descrizione è appropriata.
Nel giorno della partita i due scambiano altre parole:
Maestro: “Quando combattono le due nazioni per il possesso della palla?”
Precettore:” Intorno alla mezzanotte”
Maestro (sorride): “Che strana ora per combattere. E cosa ne ricavano?”
Precettore: “Vincono una coppa”.
Visto così il calcio si spoglia di tutto il valore mediatico che la società gli assegna e torna ad essere quello che dovrebbe essere: un semplice gioco.
Tutto finisce serenamente, anche il piccolo problema del recupero di un prezioso ricordo di uno dei due giovani appena arrivati, dato incautamente in pegno per l’affitto del televisore.
La morale finale viene esposta direttamente dal maestro anziano e si sviluppa su più considerazioni riguardanti la filosofia della vita. Riportiamo la frase finale, sicuramente la più conosciuta:
“Se un problema che ci si pone dinanzi può essere risolto allora domandiamoci: per quale motivo essere infelici? E se al contrario il problema non può essere risolto, domandiamoci allora: a cosa può servire essere infelici?”

Come curiosità è da notare che le immagini delle partite sono poche e l’unico calciatore di cui si sente il nome distintamente, dal cronista televisivo, è l’italiano Roberto Baggio, sicuramente come omaggio alla sua nota fede buddista.

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