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Storia, Sport, cinema

Autore: prof. Danilo Ramirez

 

OLYMPIA, di Leni Riefenstahl, Germania 1938, prima parte 125’, seconda parte 99’

Dal 1 al 16 agosto 1936 si svolsero a Berlino i giochi della undicesima Olimpiade dell’era moderna.
Il comitato olimpico internazionale, che aveva assegnato l’olimpiade nel 1931 quando ancora la Germania era una repubblica democratica,  commissionò alla nazione organizzatrice un film documentario sulla manifestazione.
Il regime nazista, insediato da appena 4 anni, volle utilizzare il massimo evento sportivo mondiale per mostrare a tutto il pianeta la sua potenza ed affidò la regia del documentario ad una giovane regista tedesca, Leni Riefenstahl.
Per realizzare il film non vennero risparmiati mezzi: 40 operatori, oltre 100 collaboratori, 400 chilometri di pellicola impressionati per oltre 220 ore di immagini girate.
La Riefenstahl inventò nuove tecniche di ripresa, con carrelli in movimento, scavando buche, facendo volare la cinepresa su palloni aerostatici, eseguendo per la prima volta riprese subacquee,  fece anche costruire un obiettivo potentissimo per fare primi piani da notevoli distanze.
Il montaggio durò quasi due anni ed il film che ne uscì, risultò una sorpresa ed un evento per la storia del cinema.
Unanimemente riconosciuto come il più bel documentario mai prodotto su una Olimpiade (e dire che nelle edizioni successive furono impegnati grandissimi registi), nel 1960 venne votato tra i dieci migliori film di sempre e rimane ancora oggi un esempio per chi vuole realizzare film e documentari a carattere sportivo.
Proviamo a capire il valore di questo film sotto i diversi aspetti che esso coinvolge.
Innanzitutto c’è il significato storico.
La Riefenstahl aveva già realizzato, sotto la pressione del gerarca Goebbels, il “Trionfo della Volontà”, documentario sul raduno del partito nazionalsocialista a Norimberga dal 4 al 10 settembre 1934.
Di fatto quel film rappresentò il manifesto di propaganda del nazismo, la presentazione dei grandiosi progetti di Hitler e dei suoi collaboratori.
Olympia avrebbe dovuto esserne la continuazione ideale ma la regista non gli dette un taglio politico privilegiando invece l’aspetto artistico ed emotivo.
Ecco quindi che lo sport diviene poesia, arte del movimento, addirittura simbolo di fratellanza e di uguaglianza tra i popoli.
Si narra che Hitler fu infastidito dalla visione del documentario perché in esso venivano mostrate le vittorie di atleti di tutte le razze.
Grande merito della Riefenstahl è la presenza sobria e discreta della macchina da presa. Il commento è scarno, ridotto all’essenziale, le gare vengono mostrate nel loro intero svolgimento. In questo modo ciò che parla, attraverso le immagini, è solamente il gesto atletico nelle diverse discipline. Lo sforzo degli atleti è palese, quasi si percepisce la loro fatica, il loro respiro.
Un grande documento anche di storia dello sport che ci permette di osservare le tecniche delle discipline sportive così come erano praticate in quel periodo.
Molti sono i momenti rilevanti nel film.
La lunga gara di salto con l’asta, iniziata con la luce del sole e terminata con l’illuminazione di fari appositamente allestiti. La maratona con i primi piani degli atleti. E naturalmente l’atleta simbolo di quelle Olimpiadi, l’americano di colore Jesse Owens che vinse 4 medaglie d’oro nelle gare dei 100, 200 metri, salto in lungo e 4x100.
La gara rimasta nella storia è quella del salto in lungo durante la quale Owens sconfisse il tedesco Lutz Long dopo una serie di salti entusiasmanti. Da segnalare nella stessa competizione il quarto posto di Arturo Maffei, uno dei più grandi saltatori in lungo italiani.
Questa gara rappresenta anche il trionfo della lealtà sportiva, fu lo stesso Long, grande persona oltre che grande atleta, a dare dei suggerimenti all’americano che stava sbagliando la rincorsa. Il tedesco poi si congratulò molto cordialmente con Owens per la sua vittoria; Long morì trentenne durante la seconda guerra mondiale in un combattimento in Sicilia dove è sepolto nel cimitero militare germanico di Motta Sant’Anastasia.
Fu messa in giro la voce che Hitler si allontanò dallo stadio per non stringere la mano a Owens durante le premiazioni ma lo stesso atleta smentì questo fatto nella sua autobiografia.
Come curiosità ricordiamo che l’accensione della fiaccola, ad Olimpia in Grecia, è stata effettuata per la prima volta come rappresentazione scenica in questo film,  diventando poi tradizione ad ogni successiva edizione dei Giochi.
Due parole  sulla regista Leni Riefenstahl. Già solo la durata della sua vita, nata nel 1902  e morta nel 2003 a 101 anni, indica una esistenza ricca e non comune. Ballerina e attrice affermata nella Germania degli anni venti, divenne regista su richiesta di Hitler come già detto sopra. I documentari sul nazismo le costeranno caro, alla fine della guerra venne arrestata e condannata a quattro anni di carcere, fu anche accusata di essere stata amante di Hitler ma non esisteranno mai prove su questo né su una sua collaborazione attiva alla propaganda nazista. La Riefenstahl, a lungo perseguitata in patria, si trasferì in Africa negli anni sessanta dove realizzò documentari e fotografie sulla tribù dei Nuba in Sudan.
All’età di 71 anni prese il brevetto subacqueo e produsse foto dei fondali marini, dimostrando anche qui grande sensibilità interpretativa, ancora nel 1990, a 88 anni, era capace di immergersi e fotografare il fondo. L’ultimo suo viaggio in Africa nel 2000 a 98 anni!


 

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